Dalla saga di “Frolla”, vi presento Rita

 In Interviste

Oggi vi parlo di una mamma eccezionale, una di quelle persone che fa cose straordinarie con la naturalezza e solarità di chi ti fa sembrare tutto così scontato e semplice. Una donna intelligente dal cuore immenso.

Le ho proposto di raccontarci il suo essere mamma perché sono convinta, e dopo l’intervista ancora di più, che possa essere da stimolo e conforto per quanti vivono una condizione simile.

Non è infatti possibile pensare che l’evento disabilità in una famiglia riguardi solamente il bambino: non è infatti una malattia, ma una condizione di vita che lo accompagnerà per tutta la vita, e coinvolgerà tutti coloro che gli stanno intorno.

È ancora oggi una realtà complessa e poco conosciuta.

Chi sta accanto ad un figlio disabile accoglie la disabilità nella propria vita e la fa diventare una caratteristica che ridefinisce la famiglia stessa.

Sembra naturale invece è un passaggio che richiede coraggio e questa donna ne ha da vendere.

Ascoltiamola.

Cara Rita, sono davvero felice che tu abbia accettato di condividere la tua storia e te ne ringrazio tantissimo. Ci presenti la tua famiglia?

Mi chiamo Rita, sono sposata con mio marito Nazzareno e abbiamo due figli, Nicolò di 23 anni e Matteo di 20. Viviamo a Camerano in una grande casa, dove ai piani inferiori vivono le famiglie di mio fratello e mia mamma. Siamo una bella comitiva di 10 persone, anche se da qualche anno mio figlio Nicolò frequenta l’Università e quindi vive fuori. Matteo invece sta con noi e attualmente lavora al microbiscottificio Frolla.

Puoi raccontarci la storia di Matteo, il perché della sua attuale situazione?

Ok, prendo un attimo un bel respiro perché ogni volta che rivivo questi momenti mi sale l’agitazione ed un inevitabile groppo in gola (NdR: gli occhi le si riempiono improvvisamente di lacrime).

Matteo all’età di 9 anni è stato investito da una macchina.

Ero presente e ho visto tutta la scena: lui ha attraversato la strada perché dall’altro lato c’era mia madre, ho sentito lei che urlava e quando ho girato la testa ho visto Matteo che volava in aria dopo l’impatto con l’auto.

Inspiegabilmente sono rimasta fredda, ho telefonato a mio fratello chiedendogli di raggiungermi subito, visto che con me c’erano anche l’altro mio figlio e mio nipote. Nel frattempo ho chiamato l’ambulanza e poi mio marito che da Civitanova si è precipitato e in 5/10 minuti me lo sono trovato accanto a me.

Nell’ambulanza, arrivata a soccorrere, c’era casualmente una ragazza che conoscono, la mamma di un compagno di scuola di Nicolò, e quando mi ha visto lei si è messa a piangere. Io invece, che ero lucidissima come fosse una situazione che non stesse capitando proprio a me, l’ho ripresa perché doveva subito mettersi al lavoro per salvare Matteo.

Se ci penso ora, non so come sia riuscita a mantenere tutta quella compostezza!

Da qui ci siamo trasferiti tutti direttamente a Torrette e soltanto a notte fonda (dopo quasi 6 ore dall’incidente) il dottore ci ha chiamato dicendo questa frase che non dimenticherò più: “Matteo ha un grandissimo trauma cranico, erano anni che non vedevamo un trauma così grande su un bambino così piccolo, se passa la notte è un miracolo…”

Era l’8 giugno 2009, mancavano due giorni alla fine della scuola e lui era entusiasta perché doveva fare la recita di fine anno.

Dopo questo giorno, cosa è successo?

Lui è rimasto in coma per 3 mesi, tra l’altro io non potevo stare nel reparto rianimazione perché sono allergica al lattice, ci sarò entrata al massimo due volte. Lo guardavo da fuori, dallo schermo. Con lui c’è sempre stato mio marito.

Nel frattempo io cercavo di distrarre un po’ l’altro figlio che, oltre ad aver assistito anche lui all’incidente, era stato praticamente trascurato da noi genitori e tutto questo alla sola età di 12 anni.

Eravamo in estate e alcune volte lo portavo al mare, ma mi ferì tantissimo sapere che in giro c’era qualcuno che andava dicendo che avevo la faccia tosta di andare al mare con mio figlio, quando ce ne avevo un altro in fin di vita all’ospedale.

Tante volte la cattiveria delle persone ferisce più di tutto il resto. (NdR: pausa)

Quando finalmente le situazioni lo permisero, ci trasferimmo al centro di riabilitazione San Giorgio di Ferrara e ci restammo per ben 11 mesi. Affittammo un appartamento, così io potei restare tutto il tempo a Ferrara con Matteo, mentre mio marito e Nicolò ci raggiungevano tutti i fine settimana.

Presi inoltre un congedo parentale di 2 anni dal lavoro e poi alla fine, dopo aver chiesto un part-time per poter assistere Matteo ma senza venirmi concesso, mi sono dovuta licenziare. Anche se, dopo 10 anni, posso dire che probabilmente ho fatto la scelta sbagliata.

Forse era meglio se mi facevo aiutare ad assistere Matteo, magari anche solo per qualche ora da un operatore, perché il lavoro mi avrebbe potuto dare l’opportunità di distrarre il pensiero, di divagarmi in qualche modo, perché vivere tale condizione 24 ore su 24 è davvero tosta.

Tornando alla storia invece, Matteo fece tantissimi progressi, dopo sei mesi disse la sua prima parola dall’incidente, un semplice ‘CIAO’ che per noi era tantissimo. Fino a quel momento per parlarci avevamo fatto un cartellone con scritto SI e NO; noi dovevamo fargli domande chiuse e lui col braccio si spostava in base a quella che voleva essere la sua risposta. Piano piano è riuscito anche a sbloccare alcuni movimenti e quando siamo usciti dal centro riabilitativo, parlava un po’, stava sulla sedia a rotelle e sicuramente era molto più autonomo.

Quale è stata la cosa o le cose che ti hanno dato fastidio?

Tutti i dottori che lo hanno visitato dicevano che sarebbe comunque rimasto sulla sedia a rotelle e invece si sono stupiti di dove è arrivato. Sicuramente la carica, la grinta di Matteo e di tutta la famiglia hanno contribuito tanto in questo cammino.

Al compimento dei 15 anni però ci è stato detto che Matteo più di quello non poteva migliorare. Io e mio marito ci siamo inevitabilmente chiesti: “come è possibile dire ad un ragazzo che è arrivato? Che non ha prospettive? Che non può migliorare? Da mamma, come si fa a crederci?”

Così ci siamo dati da fare privatamente, ginnastiche, lezioni di logopedia, e tanto altro che può aiutarlo in qualche modo; il tutto ovviamente sostenuto economicamente da noi. La pensione che percepisce è infatti assolutamente inadeguata a sopperire a tutte le sue esigenze.

Ti faccio solo questo esempio per farti capire: il SSN ci fornisce un paio di scarpe all’anno che sono adatte al piede di Matteo (costano sui 250€.), ma lui ne consuma una al mese. Capisci? A fine anno di spese come questa ce ne sono talmente tane che ora faccio fatica anche solo a pensarle.

Sono così arrabbiata su questo argomento! Il materiale che devono usare i ragazzi con disabilità costa veramente troppo, c’è una speculazione non indifferente e una burocrazia vomitevole. Ogni volta che devi chiedere qualcosa passano i mesi, devi fare una trafila tra mille uffici pubblici e per che cosa? Per ottenere semplicemente ciò che gli aspetta per diritto.

Continuando sull’esempio delle scarpe, ti basta sapere che lui porta un “peromed”, una sorta di plantare e tutore per la caviglia, insomma un pezzo di plastica che costa però 100€. È esagerato! Penso che anche la metà del prezzo poteva andar bene lo stesso. In quanti ci devono guadagnare su questo articolo? Tra l’altro sempre a discapito dei più deboli.

È avvilente purtroppo dire che tante famiglie non hanno alternativa a tenere i figli in istituto. È forte come concetto, ma ti assicuro che ho conosciuto diverse famiglie a Ferrara talmente disperate da pregare per la morte del figlio.

Sembrerà brutto dirlo, ma purtroppo se hai una situazione economica buona puoi permetterti di sperare e vivere, altrimenti no.

Com’è il rapporto tra i due fratelli? Nicolò come si è relazionato in questi anni alla nuova condizione di Matteo?

Nicolò ha avuto sempre un carattere molto più chiuso e timido rispetto a quello di Matteo, che al contrario è estroverso, chiacchiera sempre e l’ultima parola deve essere la sua. Due mondi insomma opposti.

Nicolò quindi, anche se è stato tanto male per l’incidente di Matteo, non lo ha mai detto, esternato. Ovviamente questo mi preoccupava tantissimo ma purtroppo la priorità era Matteo, o perlomeno pensavo fosse lui la priorità ed invece tante volte era l’altro che aveva anche più bisogni di Matteo.

Anche se provavo a tirar fuori l’argomento, lui non esprimeva mai i suoi pensieri, i suoi sentimenti.

Vedi Elisa, io credo che il fatto di aver scelto di studiare a Torino, così lontano da qui, potesse essere anche un modo per staccarsi da questa situazione, perché comunque vedere il fratello così gli provoca un grosso dolore.

Gli manca il fatto di potersi rapportare naturalmente con lui, arrabbiarsi, litigare come se non ci fosse niente ad ostacolare questo rapporto, ma purtroppo così non è. Penso che cerca di trascorrere meno tempo possibile con suo fratello. Non è che non gli voglia bene, anzi, credo sia un suo modo per tutelarsi.

Ovviamente per una mamma, non è semplice vedere un figlio che ti si allontana. Non me ne sono però fatta una colpa perché nel mio piccolo ho cercato di fare sempre il meglio per entrambi, poi certo, non so se sia stato giusto o sbagliato il mio operato.

Mi piacerebbe, ora che è adulto, sapere se c’è qualcosa che posso aver sbagliato con lui, insomma che me ne parlasse un po’, in modo da poter correggere il tiro, se ancora in tempo. Io non sono mai stata una di quelle mamme che chiama il figlio tutti i giorni o pretendo che mi chiami lui, perché penso che se c’è qualcosa di importante gliene parlo immediatamente e che l’amore non si misura da queste cose.

Semplicemente, quando lo vedo contento e sereno, lo sono anch’io.

Com’è invece il rapporto con Matteo?

Con Matteo ho sempre parlato tanto. Anche prima dell’incidente lui ci raccontava tutto quello che gli capitava dalla mattina quando si svegliava fino alla sera che andava a dormire, scandagliava tutta la giornata.

Anche adesso, più o meno è uguale. Anche se ora c’è il problema della memoria a breve termine che Matteo ha perso e quindi tante cose non se le ricorda, soprattutto lo spazio temporale, quindi, magari tutto il giorno, ripete sempre le stesse cose, semplicemente perché non se le ricorda.

A fine giornata io sono stanca di sentirlo sempre sugli stessi temi, lui invece, che ovviamente non se lo ricorda, continua imperterrito con la sua solita energia a chiedere quella cosa/domanda che per lui è nuova ma che in realtà è tutto il giorno che ripete. Un trip assurdo.

Tante volte ci scherziamo sù, perché quando era all’ospedale e per sei mesi non lo abbiamo mai sentito parlare pregavamo in cuor nostro che potesse riacquistare la parola, ora quasi che rimpiangiamo quei momenti di silenzio così gli diciamo “Quasi quasi era meglio quando non parlavi!”

(NdR: ridiamo insieme con le lacrime che però continuano a scorrere inesorabilmente).

Come è cambiata la tua vita? Come si va avanti dopo un tale sconvolgimento?

Ehhhh come è cambiata? In meglio? In peggio? Boh non so che dire.

In meglio non sicuramente, che poi non so, dipende.

Vedere Matteo sempre allegro e sorridente non ha prezzo, vederlo con questa voglia di vivere a 360 gradi nonostante tutto, mi fa spesso interrogare su come sia possibile che riesca lui ad amare così tanto la vita mentre noi, cosiddetti ‘normali’ non ci riusciamo. Forse effettivamente la mia vita è cambiata in meglio. Essere mamma è un’avventura che vale sempre la pena!

Certamente i momenti di sconforto ci sono, ma quelli ce li abbiamo tutti, no?! Nel mio piccolo, cerco di stare sempre su di morale.

La mia vita è completamente dedicata a lui. Non mi sono però annullata del tutto e non ho intenzione di farlo, ho cercato di prendermi sempre i miei spazi, me li ho sempre tenuti.

Appena posso incontro le mie amiche, anche a rischio di passare per una madre snaturata ma lo faccio proprio perché voglio un bene dell’anima a mio figlio e si merita una mamma felice e non una disperata e depressa.

Il rischio era quello di rovinare anche il rapporto di coppia che sicuramente cambia dopo un evento così devastante, ma ci siamo in qualche modo reinventati con degli spazi e dei modi nuovi.

A volte dobbiamo concederci un weekend fuori per ritrovare anche l’intimità, ma non mi sento in colpa neanche per questo, perché dovrei? Sto semplicemente vivendo la mia vita e tutelando il mio matrimonio. E ora come ora non mi interessa neanche del giudizio degli altri, di chi non vuole capire cosa affronto ogni giorno.

Chi hai sentito particolarmente vicino in quel periodo?

Sicuramente mio marito, la mia famiglia tutta.

Poi gli amici ci sono e ci sono sempre stati ma il brutto di quando succede un incidente del genere è che tutti hanno paura a telefonarti perché non sanno che dirti, allora non chiamano.

Ero io a dare coraggio a loro e non il contrario, perché cercavo di essere sempre positiva e di non tirare sempre fuori l’argomento.

Capisco che per uno che sta fuori c’è imbarazzo nell’affrontare una persona che ha vissuto un tale episodio, però magari una battuta, una semplice parola che non c’entra nulla, aiuta a farti sentire meno sola.

In più gli amici di Matteo sono scomparsi tutti; è vero che era piccolino quando c’è stato l’incidente e che non si poteva chiedere ai compagni di classe di stargli vicino. Ma anche crescendo gli sono rimasti solo due amici, che poi si fanno vivi solo se li chiamo io. Mai che una volta venga coinvolto spontaneamente anche solo per fare un giro in macchina. Questo mi fa particolarmente male.

Cosa desideri per il futuro?

Questa è la domanda per antonomasia che ci facciamo più spesso io e mio marito: “Cosa succederà a nostro figlio quando non ci saremo più? Chi se ne prenderà cura?”.

Stiamo cercando di mettere le basi, cercando di renderlo sempre più autonomo partendo dalle piccole azioni quotidiane, ma il lavoro è ancora lungo e non è detto che sia poi realizzabile al 100%.

Vivere da solo non è fattibile, almeno per ora, Matteo ha comunque sempre bisogno di una presenza che possa aiutarlo al bisogno. Insomma devi essere presente e quando noi genitori non ci saremo più… boh. Ci dobbiamo organizzare magari con un piccolo spazio su misura per lui e che possa comunque un domani essere la sua casa!

Ti sei mai fatta la domanda “perché è successo a me”?

Mai posta! Ho sempre pensato che probabilmente doveva succedere e poi te la ribalto, perché non a me, a noi, a Matteo?

La litania dei “perché” non finisce mai e non trova risposte esaurienti, così conviene non farsele queste domande e prendere la vita così com’è, è il mio semplice sistema per essere felice e stare in pace con me stessa.

Non ce l’ho neanche con la persona che ha investito Matteo, non lo colpevolizzo più di tanto perché poteva capitare a chiunque (anche a me), tanto mio figlio non me lo restituisce nessuno come prima!

La rabbia c’è, non posso negarlo, ma non posso diventare cupa né per mio figlio né per me stessa, tra l’altro non è proprio nelle mie corde, cerco infatti di sdrammatizzare qualsiasi situazione e questo carattere sicuramente mi aiuta.

Dove trovi la forza per affrontare tutto questo?

Dalla mia famiglia, dalla mia indole… boh di preciso non lo so neanche io.

Dico sempre che la mia famiglia, così numerosa, così accogliente e presente, è oro per me, la cosa più preziosa sulla faccia della Terra.

Ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutti, è sempre stato così, basta che uno chiami che gli altri lasciano tutto e accorrono. A maggior ragione ora che c’è questa situazione con Matteo, senza remore o tentennamenti si stringono sempre intorno a lui.

Sono il mio punto di riferimento e non posso immaginare la mia esistenza senza il loro calore.

Spesso sono io che mi faccio problemi, non voglio pesare sulle loro vite, vorrei non chiedere ma a volte proprio non posso evitare, come quella volta che mi sono dovuta operare alle anche e Matteo ha trascorso tutto il periodo del mio ricovero con la famiglia di mio fratello Sante.

Mi sono sentita di regalare loro un viaggio, un piccolo gesto per sdebitarmi, anche se so che sarò sempre in debito nei loro confronti, che sono di una disponibilità disarmante, in particolare lo zio farebbe carte false per suo nipote.

A chi ti senti di dire grazie e a chi di dire scusa?

A tutti tutto!

A tutta la famiglia (annessi e connessi, suoceri, cognati, ecc.) un grazie enorme e anche un sentito scusa per l’impiccio e la problematica che inevitabilmente ho portato anche nelle loro case.

Grazie alla famiglia Frolla perché il lavoro per lui è un modo per andare avanti, per sentirsi importante e avere un valido motivo per alzarsi dal letto la mattina e ovviamente anche scusa per come, a volte, si comporta.

Grazie a tutti quelli che ci conoscono, che sono presenti nelle nostre vite e scusa perché a volte non possiamo essere presenti perché dobbiamo seguire Matteo e le sue attività.

Vedi che scherzo la vita, è sempre duplice la medaglia, grazie e scusa nel mio caso vanno sempre di pari passo.

E poi grazie alla vita in sé e per sé. Perché la vita è bella e va vissuta al meglio in tutte le sue sfaccettature, cercando di trarre il meglio da ogni situazione. Cercare di prendere sempre il lato positivo perché comunque c’è, anche se sembrerebbe non esserci.

Bisogna cercare bene perché magari è in un angoletto che aspetta di essere scovato!

Direi che non c’è da aggiungere altro.

Grazie a te Rita, infinitamente!

“La vera bellezza di una donna è riflessa nella sua anima”

(Audrey Hepburn)

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