Una giornata diversa dal solito
Siamo arrivati ad agosto, il mese per eccellenza dedicato alle vacanze e alle ferie.
Il team di Frolla deve ancora attendere un po’ per tirare il fiato e riposarsi, ma è riuscito comunque a ritagliarsi una giornata diversa dal solito: una gita in barca a vela, decisamente singolare.
Non posso non raccontarvela. Seguitemi e divertitevi con noi.
Prima di dirigerci verso Marina Dorica, per salpare per questa nuova avventura, ci fermammo a comprare giusto due cosine per il pranzo. Cinque chili di cozze, due di spaghetti quadrati (alquanto insoliti, come la giornata che si stava prospettando), una pizza salata e altri stuzzichini vari.
Oltre ovviamente ad un paio di ottime bottiglie con le bollicine, per l’aperitivo.
Le premesse c’erano tutte, compreso l’umore e l’animo di tutti noi che eravamo felici di trascorrere insieme questa giornata, così tanto voluta e desiderata.
Una volta sul molo, ci calammo nel ruolo e ci sentimmo subito come se avessimo varcato le porte di Mirabilandia, eravamo letteralmente euforici.
Guardavamo queste mega barche parcheggiate (ops, attraccate) come fossimo ad una finale di Wimbledon, la testa girava ripetutamente a destra sinistra, destra sinistra, destra sinistra, per cercare di osservare tutte queste imbarcazioni, una più bella dell’altra. Dovevamo però stare attenti a dove mettere i piedi per non finire dritti in acqua, così dopo un paio di richiami, ci focalizzammo sulla banchina e, professionali come degli skipper navigati, salimmo sulle due barche.
L’equipaggio era così composto: nella barca di Gianni Lombardi, chiamata Venus, oltre al capitano Gianni, erano presenti i mozzi Jacopo, mio figlio Matteo di 15 anni e Marco e Andrea (dello staff di Frolla).
Nell’altra barca, dal nome Ringhio, c’erano lo skipper e proprietario Riccardo Refe, Tommaso (anche lui dello staff Frolla), sua mamma Silvia, nonché socia del microbiscottificio, e la sottoscritta.
Come si è capito, noi ospiti eravamo tutti alla nostra prima esperienza in barca a vela e sarebbe stato tutto più semplice se anche Eolo, quella mattina, fosse stato dalla nostra parte, ed invece un forte vento di scirocco tirava dall’alba e il mare era bellissimo, blu, immenso, tutto quello che volete, fuorché calmo.
Partiti! Dopo le ipnotiche manovre per uscire dal porto entrambe le imbarcazioni si ritrovarono una dietro l’altra a solcare l’Adriatico. L’idea era quella di arrivare fino al Trave di Ancona, dove gli scogli avrebbero dovuto attenuare il moto ondoso, cucinare e pranzare lì, magari dopo aver fatto un bel tuffo.
La traversata è stata fatta a motore e, seppur ballerina, è stato piacevole. Tommaso cantava allegre canzoncine di cartoni animati e mi incitava a ripetere con lui il verso del pinguino.
Quale? Vi starete chiedendo. Per lui era semplicemente “PI PI PI PI PI PI”. Lo gridavamo insieme e poi, insieme, ridevamo di gusto.
Ho approfittato anche per scambiare due parole con il nostro generoso comandante Riccardo, attuale compagno di Silvia, che porta avanti con passione e costanza l’associazione “Una vela per tutti” che organizza escursioni e gite in barca a vela per ragazzi con disabilità, volte a sviluppare in loro un maggior grado di autonomia e sicurezza.
Mi ero distratta e rilassata ascoltando i suoi racconti che per un attimo avevo dimenticato la preoccupazione del mal di mare.
Poi improvvisamente le risa e le urla dall’altra barca mi riportarono alla realtà. La Venus dietro di noi sembrava non essere impensierita dal vento e dal mare mosso, sembrava quasi danzasse leggiadra tra le onde, tanto che a volte lo skipper Gianni si inventava un giro a 360 gradi, come stesse facendo piroettare la sua dama in un walzer viennese.
Arrivati sotto il famoso Trave, ci accorgemmo che purtroppo l’alta marea impediva alle onde di infrangersi negli scogli, rendendo così anche questo posto davvero scomodo e a rischio di mal di mare per tutti.
Gettammo comunque l’ancóra per fare un tuffo e per un leggero aperitivo. Marco e Andrea si tuffarono per primi in mare. Il primo ci strappò subito una risata perché il suo spirito di intraprendenza superava di gran lunga le sue doti atletiche mentre il secondo, assai più disinvolto, si tuffò senza tentennamenti.
Ci ritrovammo così tutti sulla barca di Riccardo per un brindisi a Frolla, all’amicizia e a ciascuno di noi. “Brindo a voi e a questa vita: Pace Amore e Gioia Infinita!” (direbbero i Negrita)
Il momento dei convenevoli però durò poco perché capimmo che non era il caso di fermarsi ulteriormente lì, il mare non sembrava volersi calmare nemmeno un po’ e non era davvero il caso di pranzare in quelle condizioni. Tutti d’accordo quindi che si sarebbe fatto ritorno in porto e che avremmo pranzato un po’ più tardi, intorno alle 15, ma almeno sulla barca ferma e in porto.
I due equipaggi si ridivisero e ci si preparò a partire di nuovo ma l’imprevisto, proprio come in ogni partita di Monopoli che si rispetti, era dietro l’angolo.
I rispettivi skipper andarono per accendere i motori, ma quello di Gianni sembrava non rispondere ai comandi. Il motorino di avviamento stentava a ripartire e non c’era verso di accenderlo.
Noi profani del mondo navale, ci guardammo tutti negli occhi per cercare di capire se la cosa era seria o risolvibile con poco. Poi lo sguardo di Riccardo fu chiarificatore per tutti.
L’unica soluzione era quella di rientrare con le sole vele e lui, in qualità di esperto, avrebbe aiutato Gianni nel viaggio di rientro, l’unico problema era che il tempo di attraversamento sarebbe stato di circa il doppio (e quindi non più un’ora e mezzo, ma tre).
Veramente non era l’unica nota da sottolineare, chi avrebbe infatti guidato la barca di Riccardo? Restavamo solo io, Silvia, Tommy e Marco che si era unito a noi al posto di Riccardo.
Appresi che Silvia aveva la patente nautica ma che non aveva mai guidato la barca senza l’ausilio del suo Riccardo. Questa sarebbe stata la sua prima volta!
Io ovviamente dovevo recitare il ruolo del mozzo di fiducia, io che non avevamo mai neanche guidato il pedalò durante le vacanze, io che avevo un tale torcicollo che mi faceva muovere con la scioltezza di un burattino di legno, io che insomma non sapevo minimamente come e dove mettere le mani.
Ma come accade in questi casi, non si può andare tanto per il sottile e ci si rimbocca le mani (nonostante fossimo tutti in costume) e sotto la guida attenta di Silvia mi muovevo secondo le sue indicazioni: levare l’ancora, dare il segnale alla retromarcia, togliere gli ormeggi e poi finalmente sedermi a chiacchierare con lei lungo la via del ritorno.
Intanto l’altra barca, la Venus, aveva le vele tutte spiegate ed in pochissimo tempo arrivò a largo per intraprendere anch’essa il tragitto che l’avrebbe riportata al porto.
Nell’equipaggio a conduzione femminile stavamo da Dio. Tommy si era addormentato sotto coperta, Marco si era disteso nella speranza di essere accolto anche lui tra le braccia di Orfeo, mentre io e Silvia chiacchieravamo e parlavamo serenamente. È stato davvero piacevole conoscere ancora meglio questa meravigliosa donna e scoprirla in temi più confidenziali. Una donna con la D maiuscola.
Nel frattempo ci giungevano notizie dall’altra barca che non erano proprio rassicuranti. Quasi tutti infatti stavano male ed il bianco era il colore che dominava sui volti cadaverici dei ragazzi.
Ad un certo punto Silvia dovette telefonare in porto per avvisare che stavamo rientrando così, senza pensarci due volte, mi affidò il timone, un enorme ‘volante’ di oltre un metro di diametro. Poi scese sottocoperta, perché a causa del vento, non riusciva a sentire dall’altra parte della cornetta.
Panico! Io alla guida di questo gigante galleggiante senza minimamente sapere dove mettere le mani. Avevo notato che Silvia nel tragitto spostava il timone un po’ a destra e un po’ a sinistra, probabilmente con una logica che al momento però non riuscivo e non potevo capire, così feci altrettanto o perlomeno ero convinta di fare.
Mi sembrava infatti di andare alla grande, anche perché eravamo soli in mezzo al mare e non potevo andare a sbattere teoricamente con nessuno, ma questo mio momentaneo atto di autostima (alquanto insolito per me) venne immediatamente infranto al ritorno di Silvia che sgranò gli occhi e corse di nuovo al comando, ci eravamo avvicinati troppo alla costa, credo.
Fortunatamente Jacopo ci avvisò, esultante come avesse vinto alla Lotteria Italia, che il motore era ripartito e che di lì a poco ci avrebbero raggiunti.
Oh finalmente, potevamo rientrare insieme in porto e contare i morti. Ovviamente non era morto nessuno, ma eravamo tutti mezzi moribondi.
Una volta arrivati non ce la siamo sentita di cucinare le cozze, l’odore di pesce era così disgustoso in quel momento che, mentre Gianni ripuliva la sua barca, noi iniziammo ad apparecchiare per un pranzetto leggero. Del resto era più l’ora del the che del pranzo.
Nonostante tutto, ci ritrovammo insieme sulla barca di Riccardo a ridere e a raccontarci di questa strampalata giornata in barca a vela. Del resto non si poteva pretendere di fare una normale escursione in barca a vela con Frolla, doveva essere un’esperienza semplice ma non banale, come effettivamente si è dimostrata.
La conclusione migliore è stata però quella di Marco che, dopo aver ringraziato i due gagliardi skipper, si rivolse a Jacopo dicendo “Questa volta abbiamo superato il limite!” e poi siamo scoppiati tutti a ridere, Marco compreso.
Buona estate!
“Non possiamo dirigere il vento, ma possiamo orientare le vele” (Seneca)